STAND HIGH PATROL Our Own Way

 

Ci sono dischi che ti catturano e ti portano lontano con la mente. Basta avere le orecchie giuste, per potersi gustare il capolavoro targato Stand High Patrol “Our Own Way”.

A cavallo dell’inizio del 2020, molti produttori, dubmaster e progetti musicali nella musica Dub e limitrofa, si stavano preparando ai consueti tour estivi. Nella sana concorrenza di uscite discografiche primaverili, nessuno si aspettava oggettivamente parlando allo stallo dettato da un’emergenza sanitaria. Lo shock fu forte per tutti e tutte, su vari livelli e credo (voglio credere nda.) che anche Our Own Way si sia modificato nel corso del tempo. Se così non fosse, è probabilmente una della uscite discografiche Dub (si fa per dire nda.) più azzeccate del 2020. In sostanza, si trova nel posto giusto al momento giusto.

La consacrazione di un percorso artistico e musicale ben delineato fin dai tempi di Unemployed, singolo datato 2013. È qui che le sonorità degli Stand High Patrol cambiano.

Le atmosfere si fanno notturne, noir, lente, analogiche. Un percorso poi costellato da altri importanti singoli e dischi (come non citare The Shift). Un percorso che ora trova il suo compimento con questa ultima release: matura, coerente. La notte cala come in poche occasioni, in Sailing in Rough Seas dove si racconta di un pescatore che si muove verso Ovest fino ad arrivare alla splendida Along The River. L’elemento acquatico viene spesso ripreso nelle liriche da Pupajim e viene esaltato dai riverberi e dagli spazi sonori creati dalla strumentale. Organi, diamoniche e bassi martellanti al punto giusto. Ma la particolarità di questo nuovo disco targato Stand High Patrol (come in alcuni suoi predecessori) è il pianoforte. Utilizzato in una maniera del tutto innovativa per la musica Dub europea e specialmente di stampo francese. Gli arpeggi danzano leggeri come fossero una voce, armonica, malinconica, profonda.

Altro elemento esplorato dal collettivo francese, è la parte artistica collegata ad artwork e videoclip. Vere e proprie istantanee. Animazioni, grafiche noir che fanno venire in mente nebbia, scenari metropolitani, decadenza, sofferenza. Tematiche decisamente lontane dalla più frizzante e dolce scena Dub classica caraibica (o anche inglese, in parte).

 
 
Non ci resta che consigliare questo disco, per la profondità condivisa con l’ascoltatore e l’ascoltatrice. Come spesso capita, la sperimentazione sonora se cosciente porta a queste piccole, grandi perle della musica underground che non devono in alcun modo essere perse nel marasma della rete e della musica liquida.
 

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